domenica 19 giugno 2016

Capitolo 19 - AZIZ - La Grande Opera

  


Capitolo 19

Balengo - ottobre 2010 - prima settimana

Che giornata di merda... non sono neanche riuscito ad uscire cinque minuti dall'officina. Ma se tutto va bene, adesso finisco di cambiare la centralina su questo SUV del cazzo e me ne scappo a Torino da Manu, magari si va al cinema.

"Pole vieni, c'è Aziz che vuole salutarci".
"Aziz? E perché vuole salutarci?".
"Assalam aleikum amici. Mi trasferisco in un'altra città".
"Aziz, davvero te ne vai?".
"Sì, ho deciso, porto via la mia famiglia da qui".

Aziz, il primo marocchino arrivato a Balengo, se non sbaglio era il 1993. Passava ogni tanto per il paese carico di tappeti, lenzuola e asciugamani. A sentire mia madre era mercanzia di prima qualità e per di più a buon prezzo. In paese lo chiamavano 'l moru, veniva trattato con diffidenza, anche se poi alla fine tutti compravano qualcosa da lui. Era uno spasso osservare le donne di casa che contrattavano fino all'ultima lira su ogni pezzo acquistato, un gioco e un rito da celebrare ogni volta identico a sé stesso, quel tanto che bastava per illudere le massaie di aver concluso l'affare della vita.
Capitava che qualcuno gli offrisse da mangiare, un panino e un bicchiere di vino, ma lui rifiutava con insistenza e se ne andava via. I miei paesani scuotevano la testa increduli, accusandolo di essere un ingrato e maleducato. Più tardi scoprimmo che Aziz di fame ne aveva, e anche molta, ma era costretto a rifiutare il convivio per via della sua religione. L'alcol nel vino e il prosciutto di maiale sono ingredienti vietati dall'Islam. Se l'avesse spiegato prima, gli avremmo offerto uova e formaggio... à l'è propi 'n maruchin...
Poi un vecchio contadino gli aveva chiesto se voleva lavorare qualche giorno in campagna, così poco per volta aveva iniziato a fermarsi sempre di più in paese, fino ad affittare una porzione di cascina tutta per sè.
Un anno tornò in Marocco per le ferie e ricomparve mesi dopo accompagnato da Nadia, la giovane moglie sposata al suo paese, bella e velata.
Le cose gli andavano bene, aveva trovato un'occupazione stabile presso un magazzino di attrezzature edili, erano nati tre figli, due femmine e un maschio, ormai perfettamente inseriti nella quotidianità di Balengo.
Non senza fatica, un paio di anni fa aveva ottenuto la cittadinanza italiana, era uno di noi a tutti gli effetti, anche se per molti restava comunque 'l moru... qualcosa di lontano, non necessariamente inferiore, ma comunque diverso.
Con Aziz ho fatto amicizia da subito, passava dall'officina in continuazione a cercare improbabili pezzi di ricambio da spedire in Marocco a suo cugino che faceva il meccanico.
Ben presto abbiamo iniziato a fumare insieme, l'hashish che ci procurava era decisamente di ottima qualità. Qualche sera veniva al bar del paese a vedere il calcio sul megaschermo. In queste occasioni si concedeva anche una birretta, ma solamente dopo averci fatto giurare che non l'avremmo detto ai suoi connazionali.
Poi arrivò la moglie, e siccome tutto il mondo è paese, Aziz smise di frequentare il bar e di procurarci il fumo.

"Ma perchè te ne vai? Hai trovato un altro lavoro?".
"No, per adesso vado a Savona da mio cognato, poi si vedrà, ma da qui vado via".
"Ma... cosa...".
"Non ho portato qui mia moglie e i miei figli per farli ammalare, meglio tornarsene in Marocco piuttosto".
"Ma è per la centrale nucleare che te ne vai?".
"E per cosa, sennò? Qui sto bene, ormai ho il lavoro, la casa, i figli che vanno a scuola, il piccolo gioca anche a calcio... ma non posso rimanere in un posto dove si può morire per niente".

Attonito osservo Guido scuotere la testa sconsolato. Eppure questo marocchino ha ragione, e se l'ha capito lui, che da sempre è considerato poco più che un ignorante, allora perché gli altri stanno zitti e non si ribellano? E mi viene da invidiarlo, a 'sto marocchino... lui che qui non ha radici, genitori, terra, affetti e ricordi. Lui che può far su le sue cose ed andarsene via, così, quando e come vuole, e lasciarci qui a "morire per niente".
"Morire per niente… 'l maruchin, à là propi dila giusta".

Ci salutiamo con affetto, sincerità e reciproca malinconia, promettendo di tenerci in contatto, Aziz ci regala una bella confezione di datteri e noi ricambiamo con un coprivolante leopardato.
Quando se ne va, io e Guido ci fissiamo senza trovare le parole.
Passano i secondi, tanti, poi sussurro: vanta fè cheicos... bisogna fare qualcosa.
Guido annuisce. Con sguardo fiero.
Inshallah.